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Colle del Castello : Ipogei Cristiani e insediamento Tardo-Romano


Il colle del Castello, che si inserisce nel comprensorio collinare ricadente lungo le pendici dei monti Iblei, è sede di parte dell'odierno abitato posto a 600 metri s. l. m.


Veduta castello
Veduta del colle Castello da c.da Salvatore


Il gruppo di colline, del quale fa parte, si apre a sud-ovest verso la piana di Gela attraversata dal fiume Acate /Dirillo, risultando, per la posizione strategica, luogo ideale per gli stanziamenti umani. La zona presenta infatti tracce di una lunga frequentazione, testimoniata dalle numerosissime necropoli, che vanno dal periodo siculo a quello tardo-romano, e dai grottoni dislocati lungo le pendici, sul lato sud-est della collina, adibiti ad abitazione già in età preistorica e poi riutilizzati in epoca bizantina dalla comunità cristiana del luogo, che aveva posto le sue necropoli nelle immediate vicinanze. La vasta necropoli che si estende sui due versanti del colle si impiantò sicuramente su un area precedentemente utilizzata dai Siculi, che lasciarono numerosi sepolcri a camera, segnalati da P. Orsi. Questi sepolcri fanno supporre l'esistenza di un abitato di epoca classica, sul quale si sarebbe innestato quello di epoca tarda. Il vuoto tra le due fasi attestate è stato in parte colmato dai rinvenimenti (1985), in pieno centro abitato, di strutture murarie e di pezzi ceramici databili dal VI secolo a. C. sino alla prima metà del IV, restringendo così di due secoli il lasso di tempo che separa il centro siculo non identificato e la stratificazione tardo-romana.
La rupe del Castello fu adibita a fortezza nel periodo arabo e normanno, ma il Castello assunse il suo aspetto definitivo nel periodo svevo, durante il regno di Federico.


Necropoli cristiane.

I sepolcri, che compongono la necropoli cristiana, ricadono lungo le falde meridionali e settentrionali del colle. Essi furono analizzati nel 1903 da P. Orsi dietro le indicazioni del prof. Cannizzo. Oggi pochissime sono le tracce visibili a causa della sovrapposizione dell'abitato moderno.
Il sepolcreto più consistente ricade in via Salanitro, lungo la quale furono distinti vari gruppi ipogeici:
1) Gruppo Pepi: l'ipogeo (m. 6 x 4,8) presenta 24 sepolcri.
Ogni sepolcreto poteva contenere da due a tre scheletri, privo di ogni corredo funebre. Solo all'esterno di 6 tombe furono trovate lucerne fittili, oggi al Museo archeologico di Siracusa. La quasi totalità delle lucerne sono a pasta rossa a canale. Di notevole importanza quelle con la raffigurazione sul disco, due con busto femminile, che potrebbero rientrare nell'iconografia ufficiale del IV-V secolo d. C., ed uno con figura maschile. Sempre in proprietà Pepi, ad un livello inferiore rispetto il precedente ipogeo, ne fu ritrovato un altro più piccolo e di forma meno regolare, composto da un arcosolio lungo più di due metri, alcuni loculi e diverse fosse terragne.


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Ipogeo Pepi (da Orsi 1904)                             Ipogeo Pepi (da Orsi 1904)


I sepolcri erano chiusi da lastre di calcare cementate. Il materiale ritrovato fu scarso; interessante però quello del sepolcro n. 10, costituito da due coltelli ed un raschiatoio.
2) Gruppo Failla: poco distante dal gruppo Pepi, misura m. 5 x 5 ed è costituito da circa dieci fosse scavate nella roccia, disposte su due file parallele e divise da una piccola parete rocciosa.


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Ipogeo Failla (da Orsi 1904)


La forma è quella più tipica degli ipogei cristiani. Il materiale ritrovato è costituito da un frammento di pietra con lettere incise, parte di una epigrafe più grande, e da lucerne, la più pregevole delle quali aveva al centro la rappresentazione dell' "Agnus Dei". Un ulteriore scavo nel cimitero portò alla scoperta di due sezioni parallele di una catacomba di estensione imprecisata. Il gruppo cimiteriale si allargò con altre gallerie in proprietà Di Pietro. La scoperta è ancora inedita.
3) Gruppo Caruso: attiguo al gruppo Failla è composto da due nuclei distinti, sia cronologicamente sia per tecnica costruttiva. Il primo con sepolcri a "formae" ad ordini sovrapposti; al livello inferiore a questo un tipico ipogeo cristiano, bivano con loculi alle pareti e al suolo. Al lato del primo sepolcreto fu rinvenuto un tratto di pavimento di una abitazione, forse greca.
4) Gruppo Cafici: è un ipogeo situato sul lato destro del gruppo Caruso, presenta arcosoli rovinati, fosse terragne e loculi sulle pareti. Fu recuperato il fondo di una lucerna con monogramma tracciato in bassorilievo.
5) Gruppo Busso: situato sul lato sinistro della casa di proprietà Caruso, è costituito da una camera funeraria di forma irregolare con due arcosoli polisomi e delle fosse terragne.
Un altro importante gruppo ipogeico venne rinvenuto nel 1893 sul lato nord ovest del Castello, in via Belvedere: si trattava di un sepolcreto "a formae" posto in una fenditura della roccia, a parecchi metri d'altezza dalla strada.


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Sepolcreto a "formae" di via Belvedere (da Orsi 1904)


Le "formae" erano disposte fino a cinque ordini sovrapposti, rivestite di calce e coperte da lastroni in calcare locale.
Il sepolcreto è andato perduto.
Alcune gallerie scavate sotto le pendici del colle del Castello furono considerate da P. Orsi un acquedotto di tarda epoca greca.

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Pianta dell'acquedotto di età tardo romana (da Orsi 1904)


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Ipogeo allo sbocco nord-ovest dell'acquedotto (Orsi 1904)


A queste gallerie, conosciute sin dal 500, accennava anche il Fazello.
La maggior parte degli sbocchi del lato sud e l'unico del lato opposto, in via Belvedere, sono occupati da ipogei tardo-romani.
L'ipogeo dello sbocco sud-est è composto da alcune fosse terragne e loculi alle pareti; quello situato allo sbocco nord-ovest dell'acquedotto è formato da dua camere lunghe complessivamente quasi 11 metri, divise da un passaggio, chiusi da lastroni intonacati, contenevano ognuno uno scheletro.
Sotto l'ipogeo ve ne era un altro, che non venne esplorato perchè franato.
Sempre su questo versante del colle venne alla luce una camera ipogeica con volta franata.
Presentava 5 loculi e due file di tombe a forma divise trasversalmente da un sepolcro.
Ognuna era chiusa da lastroni ben cementati e contenenti un solo scheletro.
Un altro ordine di "formae" venne scoperto al di sotto del primo.

Furono inoltre segnalate dal Cannizzo tombe cristiano-bizantine nei pressi della Chiesa Madre, alle pendici orientali del colle, mentre nel quartiere Carmine l'Orsi esplorò un sepolcreto con tombe a "forma".
In questo quartiere, sito a nord est della collina del Castello, in seguito ad uno sbancamento (1903) per le fondamenta di una casa fu rinvenuto un piccolo ipogeo distante da quelli della zona del Castello. Questo potrebbe autorizzare, come già detto, ad allargare l'area cimiteriale di periodo tardo-romano. Il sepolcreto a "formae" è a quattro ordini sovrapposti. Il rinvenimento è particolarmente importante poiché presenta la riutilizzazione di pezzi architettonici di età classica. Fu anche recuperata una iscrizione monumentale, in caratteri greco-classici, scolpita su tre blocchi di calcare bianco, che dovevano far parte del fregio di un edificio, forse una costruzione civile o religiosa di età romana o del III secolo poi manomessa dai cristiani che costruivano il sepolcro. Il materiale restituito è costituito da lucerne fittili, un monile di bronzo, un'ampolla vitrea rotta e una moneta enea di Leone III e di Costantino VI , che potrebbero indicare una frequentazione intorno al gruppo cimiteriale in età altomedievale. L'ipogeo comunque  viene datato nel V-VI secolo d. C.
Dall'analisi dei materiali e dal confronto tipologico con monumenti coevi, i sepolcri di Licodia Eubea possono essere datati in epoca post-costantiniana, tra il IV e gli inizi del V secolo d. C. La natura geomorfologica del terreno, costituito da banchi di calcare friabile, non consentì lo scavo in profondità e dunque la creazione di vere catacombe, ma molteplici sono le forme strutturali adottate dai "fossores" locali. Lo scarso materiale epigrafico e l'assenza di marmi o pitture evidenziano la povertà del "vicus" a cui appartenevano, lontano dai  richiami culturali dei grossi centri costieri.

 
Area dell'abitato tardo-romano
La presenza dei gruppi ipogeici è l'unica testimonianza dell'esistenza e dell'ubicazione dell'abitato tardo-imperiale, del quale non è possibile stabilire la reale consistenza. La disposizione delle piccole necropoli ai bordi del colle, con l'abitato posto al centro, richiama la sistemazione tipica dei villaggi dell'altopiano acrense e del modicano in età tarda. Il sepolcreto di via Cordova, alquanto distante dal colle, induce ad allargare il nucleo abitato fino all'altura del quartiere del Carmine, dove è attestata una fase fino al IV secolo, che si allunga poi per tutto il VI secolo d. C. La scarsa dispersione di ceramica romana di fabbrica africana, databile nel II secolo d.C., alla periferia del quartiere Borgo, a sud dei gruppi sepolcrali del Castello, può far pensare ad un ripopolamento durante il Medio-Impero.
Il "vicus" che sorse sul colle nel Tardo-Impero si impiantò probabilmente, come già detto, su un abitato di epoca classica, trasformandosi in un piccolo agglomerato che acquistò autonomia e importanza essendo mutata la situazione economica e sociale nell'intera isola. Infatti in questi secoli si assiste ad una crisi demografica che porta alla creazione dei latifondi e alla conseguente costituzione di piccoli centri autonomi.  L'agglomerato tardo-antico dovette essere collegato, attraverso una diramazione, alla via interna di comunicazione che in età tardo romana e bizantina  portava da Siracusa verso ovest, e dovette partecipare ai commerci che si polarizzarono verso i paesi del Mediterraneo orientale e l'Africa, come testimoniano i numerosi materiali ritrovati negli ipogei licodiesi. Nel corso del VI secolo alle abitazioni in mattoni si affiancano quelle in grotta.
Il colle, come la maggior parte dei rilievi del territorio, riacquistò funzione strategica in epoca bizantina, quando la Sicilia  fu invasa dai Goti e poi dagli Arabi.   



Bibliografia:
P. Orsi, Licodia Eubea cristiana, in "Roemische Quartalscrift", Roma 1898;
P. Orsi, Miscellanea cristiana-sicula. 1. Quisquiglie cristiane da Licodia Eubea, in "Nuovo Bollettino di Archeologia Cristiana", anno VIII, 1902,
P. Orsi, Contributi alla Sicilia cristiana, in "Roemische Quartalscrift", Roma 1904;
P. Orsi, in "Notizie degli Scavi di Antichità" 1904;
P. Orsi, Contributi alla Sicilia cristiana (Licodia Eubea, Grassullo, Priolo, Siracusa), in "Roemsche Quartalscrift", Roma 1904, pp. 235;
V. Cannizzo, Topografia archeologica di Licodia Eubea, in "Archivio Storico per la Sicilia Orientale", anno VI, 1909.